A Palazzo di Città il convegno "Salerno città europea"
On line la sintesi dell'intervento del Sindaco Vincenzo De Luca
Data pubblicazione 07/03/2012
Lunedì 12 marzo, presso il Salone dei Marmi del Comune di Salerno, si è tenuto il convegno "Salerno città europea". L'incontro, un momento di intenso confronto sui temi dell'archtettura e dell'urbanistica, è stato l'occasione per presentare due volumi:
- Maurizio Russo: Il progetto urbano nella città contemporanea. L'esperienza di Salerno nel panorama europeo (con prefazione di Oriol Bohigas).
- Benedetto Gravagnuolo: Metamorfosi delle città europee all'alba del XXI secolo.
Nel corso dell'incontro, cui hanno preso parte gli autori, sono intervenuti il Sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, gli architetti Mario Botta e Massimo Pica Ciamarra, l'urbanista Carlo Gasparrini. Modererà Giuseppe Guida.
"È una serata importante - ha detto il Sindaco De Luca - una nuova occasione di confronto culturale e di godimento intellettuale per la nostra città, che segue la linea tracciata dalla lectio magistralis di Santiago Calatrava e poi seguita, pochi mesi fa, da quella di Massimo Vignelli.
È motivo di grande soddisfazione che Salerno sia diventata un esempio importante per gli studi sull'urbanistica e che autorevoli forze intellettuali napoletane si interessino alla nostra esperienza, un'esperienza che si può definire unica in Italia per le sue dimensioni oggettive. Ciò che si sta realizzando a Salerno avrebbe una valenza straordinaria anche a Roma o Milano; ma il fatto che lo si stia realizzando in una media realtà della Campania trasforma questa esperienza in un vero miracolo.
Ci muove una immensa aspirazione: non potendo essere i più grandi per patrimonio culturale, abbiamo deciso di essere i primi in tutto ciò che dipende da noi, dalla nostra volontà, dalla nostra capacità di concretizzare i progetti e le idee in una realtà realmente trasformata.
Uno dei nostri obiettivi principali è stato la creazione e il consolidamento di una dimensione internazionale della nostra città: dovendo cambiare tutto, abbiamo deciso di farlo al meglio, senza esterofilia ma semplicemente scegliendo i progetti migliori. Abbiamo puntato su lingugaggi architettonici diversificati, con l'obiettivo di unire alla ricchezza delle testimonianze architettoniche il continuo dialogo con il territorio e le sue caratteristiche peculiari.
La nostra era una città assente, scomparsa da mille anni dal panorama politico-culturale italiano. Noi abbiamo intrapreso una serie di azioni orientate ad uno scopo preciso e lo abbiamo fatto con determinazione, andando avanti per la nostra strada anche tra le tante difficoltà. La politica è, o dovrebbe essere, proprio questo: un susseguirsi di azioni volte a realizzare un obiettivo. Questo in Italia non esiste.
Una delle nostre croci è stata l'eterna diatriba tra conservazione e trasformazione. La propensione culturale del nostro Paese è la mummificazione dei territori: non è in questo modo, a mio avviso, che si conserva la nostra memoria storica. Dobbiamo esser consapevoli che l'immane eredità storico-culturale del nostro Paese si sta consumando e rischia di perdersi nel nulla. L'Italia è oggi un Paese impoverito, invecchiato, ripiegato su se stesso, un Paese in cui l'azione slitta sulla realtà, la cui capacità di realizzare non riesce a stare al passo con i tempi di questo nuovo mondo.
Il nostro disegno di città è un incrocio di paura e sogno: la paura di non poter vivere e non poter difendere la nostra serenità di vita a causa delle infiltrazioni della malavita organizzata; il sogno di costruire un'identità rappresentata dalle nuove opere, intese non come singole realizzazioni ma come piccoli tasselli di un progetto unitario. La città che desideravamo è una città dell'accoglienza e dell'eccellenza, capace di divenire la capitale di un distretto turistico di valore mondiale basato sull'economia del mare.
La nostra è una grande esperienza di vita democratica. Ricordiamo sempre che una democrazia che non decide è una democrazia destinata a morire. È giusto aprirsi sempre ad un confronto a 360°. Una volta che si è deciso, però, bisogna andare avanti; non si può continuare a parlare all'infinito, né tantomeno perdersi dietro i tempi biblici della burocrazia italiana, perché nel frattempo tutti gli altri corrono e ci
sorpassano.
Dobbiamo essere gelosi della nostra storia, certo; ma il tempo ci scava addosso, e se vogliamo dare una prospettiva di vita ai nostri giovani dobbiamo imparare a decidere".