"Pietre Galleggianti", di Ferdinando Vassallo
Parco urbano Irno, fino a sabato 30 ottobre 2010
Data pubblicazione 12/10/2010
U CUFNATURU, di Rubina Giorgi
“Il vaso: memoria agli umani da tempo immemoriale (giusto inciampo linguistico: la memoria qui è davvero immemoriale) della terra contenitore cosmico che s'incurva a portare le pietre, il mondo arboreo e gli animali, le vite insomma, nel capace grembo materno, in grado tuttavia come una forza paterna gigantesca capace di mantenere nel suo luogo sospeso e nell'ordinato movimento il voluminoso ponderoso Tutto. Ferdinando Vassallo concepisce e plasma da sempre i suoi vasi esattamente come memorie incarnate, attuali e in continuazione attive, del contenutore originario. Stupendo accompagnarne, accarezzarne plasmando la curvatura accogliente, rianimarne il palpito! Si comprende dunque che ce li mostri in atto di contenere sul loro fondo materiale terrestre, e pure celeste, in diversi volumi e fogge (formate o informi, lucenti o rugose) e reciproche combinazioni (alcune si direbbero madre e bambino), e altresì rudimenti di navi forse spaziali, e mani (dritte e immobili oppure chiuse a pugno a indicare intensità e attenzione, mani che hanno cancellato la differenza destra/sinistra avendo assunto la funzione di occhi, occhi che vegliano pronti allo scatto attivo, al comando recondito che forse sta per giungere), e ancora oggetti della vita domestica quotidiana, compresi dischetti luccicanti allusivi di ciò che gli umani amano tanto come il danaro. Ma ecco a monito di tanto diletto il vaso colmo di ossa umane.. Dove galleggiano questi contenuti? Si direbbe nell'elemento cosmico, una sorta di etere invisibile più forte per l'immaginazione di un elemento visibile come ad esempio l'acqua. E questo è l'arbitrio che si permette l'artista nell'intitolare siffatti contenuti "pietre galleggianti". Così, pure gli oggetti d'uso quotidiano del piccolo uomo sperduto nel vasto pianeta terra, a sua volta piccolo e sperduto nel vasto cosmo, assumono ai nostri occhi quasi la dignità di un diretto contatto con il contenitore d'origine. E a dare dignità ai contenuti contribuiscono anche le preziose e difficili tecniche che Ferdinando applica ai suoi vasi quali la doratura nel sottile ma quasi regale strato interno di oro zecchino oppure la quasi misteriosa e mirabile variegatura, chiamata lustro, che la leggenda improbabile fa risalire all'VIII secolo d. C. come segreto che gli arabi avrebbero carpito niente di meno che ai cinesi. Sono ventisei i vasi, che l'artista distingue in tredici vasi "classici" rifiniti e lucidati e tredici vasi di monocottura che chiama "cufnaturi", un termine del dialetto che trovo bellissimo e intrigante. Lui ricorda che il cuofenaturo serviva alle madri di un tempo come recipiente per il bagno del bambino, ma anche per il bucato, e inoltre per la macerazione delle olive, e non finiscono qui gli usi. E' evidente: sono mondi a reciproco intimo contatto nel caso cosmico. E dove c'è cosmo non c'è separazione di esseri e di qualità: c'è caos e ordine, confusione e amore. C'è mescolanza. Il nostro tempo è fatto di mescolanze e intrecci che hanno prodotto gli umani. E per lo più belle mescolanze non sono poiché sono prive di amore. Ecco viene allo scoperto, credo, l'intenzione profonda dell'autore, che sappiamo peraltro insistita attraverso il tempo: richiamare l'amicizia universale dei viventi tra di loro e con le cose, tra i più diversi esseri tutti in diversi modi animati e viventi, tutti memori e segnati della comune origine. In modo tale che abbiamo da abitare una duplice casa: l'una qui, di necessità ristretta, l'altra ampia e magnifica, stellare”.