“L’ultimo lenzuolo bianco – L’inferno e il cuore dell’Afghanistan”
Giovedì 11 dicembre, alle ore 20.00, presso il Teatro Ghirelli, la presentazione dell'ex capitano dell’esercito afghano Farhad Bitani
Data pubblicazione 09/12/2014
Giovedì 11 dicembre, alle ore 20.00, la Fondazione Salerno Contemporanea, nell’ambito degli appuntamenti della rassegna “Cittadini del Mediterraneo” ospita al Teatro Ghirelli la presentazione del libro di Farhad Bitani “L’ultimo lenzuolo bianco – L’inferno e il cuore dell’Afghanistan” pubblicato dai tipi di Guarani.
Bitani classe 1986, ex capitano dell’esercito afghano, ha studiato Scienze strategiche in Italia, all’Accademia Militare di Modena e alla Scuola di applicazione e Istituto di studi militari. Durante la sua infanzia ha vissuto la guerra in Afghanistan da vincitore, perché suo padre era uno dei generali che hanno sconfitto il potere sovietico; più tardi ha vissuto la guerra da perseguitato, visto che la sua famiglia di etnia pashtun era nemica dei talebani che detenevano il potere. Questo il motivo per cui li ha combattuti in prima persona. Dopo aver subito un attentato, ha deciso di andare via dal suo mondo trasferendosi, e scegliendo come tanti, l’Italia.
Da qui ha avuto modo di verificare la differenza tra quello che in Afghanistan si sa del mondo occidentale e l’Europa reale e viceversa, di quanto (poco) l’Occidente sappia dell’inferno e del cuore dell’Afghanistan. Il volume è arricchito dalla prefazione di Domenico Quirico, l’inviato di guerra della Stampa (vittima di un rapimento durato dal 9 aprile all’8 settembre 2013 in Siria) che scrive: “Quando andrò in Afghanistan per raccontare la ritirata, l’ennesima, dell’Occidente, porterò con me questo libro di Farhad Bitani. Perché raramente ho sentito, in un libro che parla di molte cose, l’odore della guerra: fumo, sudore pane stantio e immondizie. È l’odore delle cose che non sono più e non sono ancora morte.
La vita non l’ha ancora afferrata questo giovane afgano: ella ha per lui un’aria di inafferrabilità. Ma in questo libro è già stata ridotta in minimi termini. C’è tutto, anche se in linee sottilissime. Racconta cose terribili e piccoli gesti della vita quotidiana che, in quello spazio, hanno un significato arcano e difficile. Guarda dentro con infinita pazienza. Racconta di qualcuno che è stato ucciso. Le parole non esprimono emozione: è un fatto. Si nasce, si combatte, gli amici muoiono, i nemici muoiono, si muore noi stessi”.
A parlare delle tematiche raccolte nel libro, insieme all’autore, lo storico Alfonso Conte, professore associato dell’Università di Salerno, l’avvocato penalista Mario D’Amato, la giornalista Francesca Salemme. Nel corso dell’incontro l’attore Andrea Bloise leggerà alcuni passi.
Bitani classe 1986, ex capitano dell’esercito afghano, ha studiato Scienze strategiche in Italia, all’Accademia Militare di Modena e alla Scuola di applicazione e Istituto di studi militari. Durante la sua infanzia ha vissuto la guerra in Afghanistan da vincitore, perché suo padre era uno dei generali che hanno sconfitto il potere sovietico; più tardi ha vissuto la guerra da perseguitato, visto che la sua famiglia di etnia pashtun era nemica dei talebani che detenevano il potere. Questo il motivo per cui li ha combattuti in prima persona. Dopo aver subito un attentato, ha deciso di andare via dal suo mondo trasferendosi, e scegliendo come tanti, l’Italia.
Da qui ha avuto modo di verificare la differenza tra quello che in Afghanistan si sa del mondo occidentale e l’Europa reale e viceversa, di quanto (poco) l’Occidente sappia dell’inferno e del cuore dell’Afghanistan. Il volume è arricchito dalla prefazione di Domenico Quirico, l’inviato di guerra della Stampa (vittima di un rapimento durato dal 9 aprile all’8 settembre 2013 in Siria) che scrive: “Quando andrò in Afghanistan per raccontare la ritirata, l’ennesima, dell’Occidente, porterò con me questo libro di Farhad Bitani. Perché raramente ho sentito, in un libro che parla di molte cose, l’odore della guerra: fumo, sudore pane stantio e immondizie. È l’odore delle cose che non sono più e non sono ancora morte.
La vita non l’ha ancora afferrata questo giovane afgano: ella ha per lui un’aria di inafferrabilità. Ma in questo libro è già stata ridotta in minimi termini. C’è tutto, anche se in linee sottilissime. Racconta cose terribili e piccoli gesti della vita quotidiana che, in quello spazio, hanno un significato arcano e difficile. Guarda dentro con infinita pazienza. Racconta di qualcuno che è stato ucciso. Le parole non esprimono emozione: è un fatto. Si nasce, si combatte, gli amici muoiono, i nemici muoiono, si muore noi stessi”.
A parlare delle tematiche raccolte nel libro, insieme all’autore, lo storico Alfonso Conte, professore associato dell’Università di Salerno, l’avvocato penalista Mario D’Amato, la giornalista Francesca Salemme. Nel corso dell’incontro l’attore Andrea Bloise leggerà alcuni passi.
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