Mostra “Sulle tracce di Calder”
Dal gemellaggio con la città di Waterbury l'esposizione che vede protagonisti cinque artisti salernitani
Data pubblicazione 01/12/2017
Dal 12 gennaio al 12 marzo, presso il Museo Città Creativa, nel quartiere Ogliara si terrà la mostra “Sulle tracce di Calder” (disegni preparatori, modelli di sculture, filmati e documentazione della mostra tenutasi nella città statunitense di Waterbury in gemellaggio artistico con Salerno). Protagonisti dell'esposizione e del gemellaggio 5 artisti salernitani: Eduardo Giannattasio, Raffaele Falcone, Deborah Napolitano, Vincenzo Liguori e William Papaleo.
La mostra
La stabilità e la pesantezza: i due elementi che da sempre ed in tutto il mondo, vengono associati alla fisionomia della scultura. Ma nei primi decenni del Novecento Alexandre Calder ha trasformato il suo volto rendendola lieve, leggerissima, ma anche dinamica attraverso la sospensione ed il movimento. Un sogno impossibile è diventato reale, possibile grazie alla carica esplosiva dell’arte. Una vera e propria rivoluzione, un capovolgimento che ancora oggi ci sorprende e ci affascina.
I suoi “mobiles”-come li chiamò Marcel Duchamp- insieme alle sue sculture monumentali ci parlano in America come in Europa della sua grande, inesauribile ”vitalità artistica” che non è terminata con la sua morte. Sono “invenzioni liriche” oltre che “combinazioni tecniche, quasi matematiche” e contemporaneamente “simbolo sensibile della Natura” .
Il Mattatuck Museum a Waterbury, Connecticut è sulle tracce di questo gigante dell’arte cinetica affidando ad un gruppo di cinque artisti italiani l’obiettivo di far rivivere Calder, di inventare nuovi mobiles, rinnovando la difficile arte della leggerezza sulla scia del suo maestro. Non solo. Ma il loro laboratorio, il loro atelier collettivo coinciderà con il luogo stesso in cui Calder ed altri artisti come Juan Mirò grande suo amico, lavorarono e crearono le loro opere in metallo.
Eduardo Giannattasio, già operante da più di un decennio in America, disegna il suo orizzonte sul fluire del visivo (pittura,scenografia, scultura, ceramica, policarbonato) e si muove costantemente verso la gestualità espressiva. Una dinamica che segue il filo della velocità segnica nonché della sperimentazione dei linguaggi, delle tecniche e dei materiali inediti. Inizia negli anni Novanta in Francia con la “peintre sur journaux” usando al posto della tela un supporto fragilissimo ed al posto dell’olio la pittura ad acqua. Successivamente si trasforma in artista del fuoco. Sembra voler ripetere il gesto dell’informale di Pollock nel versare il colore sulla tavola per poi dargli fuoco ed interagire con esso. Scompone le figure attraverso i colori e la sua tecnica per poi ricomporle in una finale immagine che consegna al fruitore. Altro polo della sua ricerca è anche stata la manualità ceramica :i suoi vasi eseguiti quasi tutti secondo la tecnica orientale raku (nata in seno alla filosofia Zen) hanno un primitivismo arcaico sia nelle forme che nelle tonalità. Questo primitivismo e la stilizzazione delle figure ritornano nel progetto a lisca di pesce arrotondata in movimento su sé stessa che realizzerà nella fabbrica di Waterbury. Una immagine marina che determina una sintesi immaginifica e culturaleal tempo stesso.
L’arte sperimentale di Raffaele Falcone è legata sopratutto alla ceramica ed alla sua Fornace storica a Montecorvino Rovella (Salerno) dove “arde il linguaggio universale ed appassionato del “cotto artigianale” che esporta da anni in Italia e nel mondo. Le sue sculture erotiche alludono alla fertilità, al benessere, alla procreazione come dice egli stesso. Si richiama quasi sempre al simbolo fallico legato alla storia della continuità della vita ed a quelle culture e riti propiziatori che sono sopravvissuti al progresso ed al passare del tempo. In altre parole un archetipo. Anche per il mobile ripropone il suo corno-fallo profondamente radicato anche nella tradizione della superstizione partenopea.
Deborah Napolitano appartenente alla nuova leva degli sperimentatori alacri e di grande talento artistico.
Nel gruppo Pandora partecipa a numerose collettive in tutta Italia ma anche autonomamente ad altri eventi culturali di rilievo. Successivamente aderisce al gruppo di ceramisti di Rufoli presso la Fornace storica dei De Martino e presso Il Museo Città creativa. Crea inoltre l’associazione Made in Salerno ancora attiva. Le sue opere si ispirano all’essenzialità rigorosa della forma e della decorazione ceramica senza cedimenti eccedenti che ne fanno una ricerca artistica abbastanza singolare ed unica. Approda certamente ad un suo stile personale che dalla perizia manuale la fa accedere all’arte. Anch’essa affonda le radici nell’arcaico per riemergere nella contemporaneizzazione del passato. L’esperienza che farà col ferro e con la scultura mobile riconferma la rigorosità e l’essenzialità delle sue forme derivanti dalla sua prolungata attività di designer e ceramista. Si concentra su fisionomie umane che vanno rarefacendosi nella sottigliezza della scultura mobile.
Vincenzo Liguori nasce invece come pittore paesaggista sulle orme di Luciano Valeriani artista salernitano scomparso dieci anni fa. Ma oltre alla pittura ha scandagliato anche le tecniche della decorazione ceramica presso le Fornaci De Martino di Rufoli dove ha avuto come maestra la scultrice Patrizia Grieco. La sua proposta per il Museo americano denominata “ Vulcano”.è molto suggestiva ed originale: sembra ispirarsi alla solidità di una torre di stile italiano ma in realtà si ispira anche alla forma di una ciminiera americana della tradizione industriale del Connecticut che sulla sua sommità va ad alleggerirsi fino a rarefare sempre di più la pesantezza della base sulla scia della levità calderiana.
William Papaleo artista italo-americano vive fra la Campania e gli Stati Uniti e la sua arte è certamente una contaminazione fra questi due luoghi e due culture, similari ma anche profondamente differenti. L’artista ha scelto la bellezza in qualsiasi sua espressione o tecnica possa esprimersi. Afferma di sé stesso:”Sono un artista in armonia con la filosofia di Robert Henry” di cui ama ripetere : “Viviamo in una strana civiltà. Le nostre menti e le nostre anime sono talmente soffocate dalla paura, con artificialità, che spesso non riusciamo neanche a riconoscere la bellezza.” Ha scelto la spirale, simbolo universale ed archetipico per esprimere forse proprio l’angoscia che avvolge la nostra civiltà cui allude spesso. Una forma dunque che gira su sè stessa come una sorta di labirinto. Ritrova il movimento in un cerchio o disco mobile centrale che potrebbe rappresentare il ciclo interminabile della vita stessa.
La mostra
La stabilità e la pesantezza: i due elementi che da sempre ed in tutto il mondo, vengono associati alla fisionomia della scultura. Ma nei primi decenni del Novecento Alexandre Calder ha trasformato il suo volto rendendola lieve, leggerissima, ma anche dinamica attraverso la sospensione ed il movimento. Un sogno impossibile è diventato reale, possibile grazie alla carica esplosiva dell’arte. Una vera e propria rivoluzione, un capovolgimento che ancora oggi ci sorprende e ci affascina.
I suoi “mobiles”-come li chiamò Marcel Duchamp- insieme alle sue sculture monumentali ci parlano in America come in Europa della sua grande, inesauribile ”vitalità artistica” che non è terminata con la sua morte. Sono “invenzioni liriche” oltre che “combinazioni tecniche, quasi matematiche” e contemporaneamente “simbolo sensibile della Natura” .
Il Mattatuck Museum a Waterbury, Connecticut è sulle tracce di questo gigante dell’arte cinetica affidando ad un gruppo di cinque artisti italiani l’obiettivo di far rivivere Calder, di inventare nuovi mobiles, rinnovando la difficile arte della leggerezza sulla scia del suo maestro. Non solo. Ma il loro laboratorio, il loro atelier collettivo coinciderà con il luogo stesso in cui Calder ed altri artisti come Juan Mirò grande suo amico, lavorarono e crearono le loro opere in metallo.
Eduardo Giannattasio, già operante da più di un decennio in America, disegna il suo orizzonte sul fluire del visivo (pittura,scenografia, scultura, ceramica, policarbonato) e si muove costantemente verso la gestualità espressiva. Una dinamica che segue il filo della velocità segnica nonché della sperimentazione dei linguaggi, delle tecniche e dei materiali inediti. Inizia negli anni Novanta in Francia con la “peintre sur journaux” usando al posto della tela un supporto fragilissimo ed al posto dell’olio la pittura ad acqua. Successivamente si trasforma in artista del fuoco. Sembra voler ripetere il gesto dell’informale di Pollock nel versare il colore sulla tavola per poi dargli fuoco ed interagire con esso. Scompone le figure attraverso i colori e la sua tecnica per poi ricomporle in una finale immagine che consegna al fruitore. Altro polo della sua ricerca è anche stata la manualità ceramica :i suoi vasi eseguiti quasi tutti secondo la tecnica orientale raku (nata in seno alla filosofia Zen) hanno un primitivismo arcaico sia nelle forme che nelle tonalità. Questo primitivismo e la stilizzazione delle figure ritornano nel progetto a lisca di pesce arrotondata in movimento su sé stessa che realizzerà nella fabbrica di Waterbury. Una immagine marina che determina una sintesi immaginifica e culturaleal tempo stesso.
L’arte sperimentale di Raffaele Falcone è legata sopratutto alla ceramica ed alla sua Fornace storica a Montecorvino Rovella (Salerno) dove “arde il linguaggio universale ed appassionato del “cotto artigianale” che esporta da anni in Italia e nel mondo. Le sue sculture erotiche alludono alla fertilità, al benessere, alla procreazione come dice egli stesso. Si richiama quasi sempre al simbolo fallico legato alla storia della continuità della vita ed a quelle culture e riti propiziatori che sono sopravvissuti al progresso ed al passare del tempo. In altre parole un archetipo. Anche per il mobile ripropone il suo corno-fallo profondamente radicato anche nella tradizione della superstizione partenopea.
Deborah Napolitano appartenente alla nuova leva degli sperimentatori alacri e di grande talento artistico.
Nel gruppo Pandora partecipa a numerose collettive in tutta Italia ma anche autonomamente ad altri eventi culturali di rilievo. Successivamente aderisce al gruppo di ceramisti di Rufoli presso la Fornace storica dei De Martino e presso Il Museo Città creativa. Crea inoltre l’associazione Made in Salerno ancora attiva. Le sue opere si ispirano all’essenzialità rigorosa della forma e della decorazione ceramica senza cedimenti eccedenti che ne fanno una ricerca artistica abbastanza singolare ed unica. Approda certamente ad un suo stile personale che dalla perizia manuale la fa accedere all’arte. Anch’essa affonda le radici nell’arcaico per riemergere nella contemporaneizzazione del passato. L’esperienza che farà col ferro e con la scultura mobile riconferma la rigorosità e l’essenzialità delle sue forme derivanti dalla sua prolungata attività di designer e ceramista. Si concentra su fisionomie umane che vanno rarefacendosi nella sottigliezza della scultura mobile.
Vincenzo Liguori nasce invece come pittore paesaggista sulle orme di Luciano Valeriani artista salernitano scomparso dieci anni fa. Ma oltre alla pittura ha scandagliato anche le tecniche della decorazione ceramica presso le Fornaci De Martino di Rufoli dove ha avuto come maestra la scultrice Patrizia Grieco. La sua proposta per il Museo americano denominata “ Vulcano”.è molto suggestiva ed originale: sembra ispirarsi alla solidità di una torre di stile italiano ma in realtà si ispira anche alla forma di una ciminiera americana della tradizione industriale del Connecticut che sulla sua sommità va ad alleggerirsi fino a rarefare sempre di più la pesantezza della base sulla scia della levità calderiana.
William Papaleo artista italo-americano vive fra la Campania e gli Stati Uniti e la sua arte è certamente una contaminazione fra questi due luoghi e due culture, similari ma anche profondamente differenti. L’artista ha scelto la bellezza in qualsiasi sua espressione o tecnica possa esprimersi. Afferma di sé stesso:”Sono un artista in armonia con la filosofia di Robert Henry” di cui ama ripetere : “Viviamo in una strana civiltà. Le nostre menti e le nostre anime sono talmente soffocate dalla paura, con artificialità, che spesso non riusciamo neanche a riconoscere la bellezza.” Ha scelto la spirale, simbolo universale ed archetipico per esprimere forse proprio l’angoscia che avvolge la nostra civiltà cui allude spesso. Una forma dunque che gira su sè stessa come una sorta di labirinto. Ritrova il movimento in un cerchio o disco mobile centrale che potrebbe rappresentare il ciclo interminabile della vita stessa.
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